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Gli orfani di Federer han perso la bussola.

Gli orfani di Federer, i gagà orfanelli del beltraus, oggi, da più parti, in preda a un delirio manieristico tentano di elaborare il lutto e, in una sorta di transfert, traslano la sagoma di Alcaraz sul fantasma dello svizzero.

Quindi si cercano similitudini, particolari, movenze e altre storie per alleviare la perdita.

Ma Federer non c’è più. E Alcaraz è un Nadal fantasioso. Un Nadal con più mano. Un Nadal fighetto. Nell’ intorno della linea base è la stessa questione, uguale: recuperi impossibili, scatti raccapriccianti, gradazioni a 90 in corso d’opera, colpi dritti a chiudere, difesa a muraglia cinese. Questa è la scuola spagnola, da sempre. La difesa e quel senso di impossibilità nel fare il punto a questi giocatori, fa si che prevalga un senso di impotenza e rassegnazione. Nei match lunghi, sei fottuto.

E quì, per ora, sta una prima differenza cruciale. Federer non aveva un grande record nei match lunghi. A causa anche della modalità di gioco. Federer portava con se l’eleganza del rovescio a una mano. Un rovescio cattedratico con il potere del controbalzo e degli angoli inventati. Angoli che forzano la gravità. L’eleganza tout court. Non si sentivano strani rumori molesti in fase di tocco. Urla forestali. Il rovescio a due mani di Alcaraz lo porta a svitarsi e riavvitarsi come una scatola di fagioli ossidata e andata a male. Il servizio di Federer era naturale, piazzato, la seconda perfetta. Una carezza, la seconda. Una Messa manuale, non cantata.

Il nerboruto di Murcia, vive di rendita, perché inizia a far paura per la sua prepotenza fisica. Sì riconosce subito la continuità con Nadal. Anche uno sprovveduto la vede. Questo è il classico giocatore che dominerà più col fisico e la presenza che con i colpi. Colpi che partono pesanti portati da un braccio che somiglia a un fiume in piena. Un maglio perforante. Dalla linea di mezzeria verso la rete, Alcaraz ha mano. Ha doti di anticipo nell’attaccare la rete più importanti rispetto al maiorchino. Volée e ricami sono buoni. Anche la smorzata, figlia delle vagonate che arrivano e ti buttano fuori. La gioca bene. Ma anche Nadal la giocava bene nella seconda parte di carriera. Come aveva migliorato a rete. Per questo parliamo di dominio del continuo. Di un continuum con l’arrotino. Per certe questioni Alcaraz ricorda anche Djokovic. Però l’affiancamento a Federer ha un sapore delirante. Federer era una rarità statistica, un cinque foglie tra i quadrifogli, un cigno bianco tra i neri che cancella le vecchie scritture per riscrivere e forzare il gioco verso nuovi modelli.  Una rarità mondiale. Modelli che non sono di questa terra. Non insegni Federer nelle scuole. Ma, in quelle spagnole, puoi circoscrivere e disegnare Alcaraz e puoi tirare fuori una variante più brutale del tennis spagnolo. Ma sempre di brutalità parliamo. Se Federer era una rarità globale, un miracolo che viene a insegnare il tennis, concesso dal Divino, Alcaraz lo è rispetto ai canoni spagnoli. Metti in piedi una caserma in mezzo al deserto e via di sedute atroci e rincorse sotto il sole accecante a 50 gradi. A 17 anni pesi 68 kg a 20 sei uomo già forgiato per la guerra con 10 kg in più. Se poi il ragazzo ha un po’ di mano, meglio. Di certo ha più mano e fantasia di Nadal. Ed è anche l’evoluzione atletica del maiorchino in quanto a velocità nel capire dove arriva la palla. Ne risulta un’evoluzione fantasiosa e impossibile da controllare negli Slam mediani. Sulle due code è più centrato Sinner. Il tennis spagnolo, forgiato al caldo, nei prefabbricati legnosi di Alicante diventa così un qualcosa di continuo col passato lungo la linea retta dello strapotere fisico. A volte, per un errore di sintesi, un errore di produzione in fase di catena di montaggio esce fuori il giocatore delittuoso. Quello allenato per far paura da grande; se ha anche una buona mano, risulta un pochetto fuori fase rispetto ai canoni della scuola spagnola. Ma non confondetevi e non confondeteci, il dominio è sempre quello brutale. Però, ora, lasciate riposare in pace Pietrino Sampras o Roger Federer. Federer, soprattutto, non c’entra nulla. Sampras di meno. Non fate paragoni, piuttosto guardate altrove e cercate altri interessi e passioni fuori dal tennis. Filosofia, storia, letteratura e matematica. Elaborate il lutto. Ponetevi in un dominio di realtà. Ormai sono più di 2 anni che Federer non c’è più.

 

Su Musetti.

Dispiace per Musetti. Pensavo potesse portarla avanti sul lungo. Non vincerla ma portarla al quarto/quinto. Il Musetti tecnico bastava per far partita. Quello indulgente, l’ha accorciata. Migliorerà nella cattiveria in quei 4 o 5 punti chiave. Tutto migliora con l’impegno.

La dimostrazione di quello che pensavo me l’ha data la finale dove Djokovic è stato chiaramente rottamato senza incentivi. L’età era una variabile da non sottovalutare.

Piacentini Gianluca

16-7-24 ore 15.00

 

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