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Wimbledon, la finale. Djokovic, cerca profondità di colpi e pensieri nella controra.

Si sono concluse le due semifinali a Wimbledon. Su Alcaraz vs Medvedev si era scritto:”Alcaraz proverà a smorzare se lo vede lontano e a scendere qualche volta. Giocare piatto con il russo può essere complesso e anche cercare troppi angoli negli scambi. Alcaraz si troverà a suo agio se Medvedev mantiene una posizione troppo arretrata in risposta”. E così è andata. Medvedev, purtroppo, sull’erba non ci sa giocare. Indipendentemente dalla posizione. Posizione in riposta assurda, contro la logica del tennis che ha permesso allo spagnolo di giocare in tutta tranquillità attaccando spesso la rete e facendo smorzate agili. Si dava Alcaraz vincente, ma almeno 1 set per il russo non era una bestemmia. Partita brutta e sciagurata con un Medvedev spaesato.

Sinner, ha perso da un Djokovic molto buono. Per i primi due set ha messo dentro il servizio quando serviva, con precisione chirurgica e ha giocato con una profondità micidiale. Risultava indigesto e parecchio ingiocabile. Nel terzo set Sinner ha buttato via la possibilità di prolungare il match, per quello che si scriveva nel precedente titolo: poca gramizia. Bisogna mettersi nell’ordine di idee che Sinner è un buon talento naturale, ma ha ancora dei problemi a gestire le emozioni. E’ uno di quei giocatori che ha bisogno di più esperienze sul campo, di perdere con qualche paura, e inserire un mattoncino alla volta per migliorare dal punto di vista della tenuta mentale. Nulla di grave, la crescita sarà lenta. A volte, la crescita lenta, porta più consapevolezza sul lungo periodo e quando si prende coscienza, poi si vivono anni migliori.

Djokovic [2] vs Alcaraz [1] è la finale. Credo quella più attesa da chi segue questo sport. Anche perché è rimasto l’amaro in bocca per la sconfitta di Alcaraz a Parigi a causa dei  crampi. Molti vogliono capire cosa succede in un match vero, 3 su 5, tra questi due qui.

Poche righe per spiegare come la penso su una finale come questa. Qualche punto veloce.

  • Alcaraz ha una dote mai vista nel capire in anticipo dove batte il colpo avversario. In quale punto batte la palla. Questo è dettato dal fatto che l’atletismo esasperato e l’intensità che mette nei colpi gli consente di tenere un po’ il filo in mano. Se giochi quel colpo in quella maniera, ti aspetti che poi la palla finisca in quel lembo di terra. E’ una questione a posteriori rispetto all’ intensità del colpo.
  • Djokovic ha una dote grandissima, che è quella del timing perfetto sulla palla che spesso va profonda, per una questione di equilibrio dinamico del braccio-corpo e, in risposta ha la stessa dote di Alcaraz nella visione d’anticipo. Intuisce prima la direzione della traiettoria del servizio avversario. E poi, nei momenti importanti, Djokovic conosce l’abitudine dell’avversario al servizio. Djokovic usa la riposta senza rischiare troppo, ma mettendola spesso in una parte del campo dove inizia a giocare con un certo bilanciamento. Sui kick esasperati sta dietro e cerca traiettorie alte e profondità. Quindi è una risposta non rischiosa, ma di piazzamento.
  • Alcaraz, lo abbiamo visto più volte aggredire la seconda di servizio in maniera decisa, esercitando un certo controllo. Mettendo l’avversario non in condizioni di gioco bilanciato, ma in condizioni di ansia anticipatoria. E quindi farlo sbagliare, anche se, il chip and charge verso rete, non è preciso, ma un po’ corto. Si sa che se a un giocatore gli metti pressione un po’ di volte sin dai primi colpi, alla lunga, finisci per incassare qualcosa. Anche doppi falli o insaccamenti a rete.
  • Djokovic ha una certa qualità nell’usare il campo come un tavolo da biliardo. Delle geometrie perfette che tagliano le gambe; è il risultato dell’esperienza ventennale e di una calma che permette di vedere il campo con una dimensione in più rispetto alla normalità. In questo anche Alcaraz lo ricorda. Avere la visione completa del rettangolo di gioco. Quindi scegliere sempre il colpo giusto per ogni evenienza. Riescono a punirti se vedono un lembo di terra dove c’è lo spazio per mettere la pallina. E lo fanno con una certa continuità.
  • Hanno due buoni servizi entrambi ma Djokovic forse trema meno quando serve. Ad esempio Djokovic ha distribuito quel 58% di prime (bassa percentuale) contro Sinner in maniera impeccabile. Poche prime, ma messe al momento giusto. Ace sulla palla break, prima sul 15-30 etc. Alcaraz, anche lui serve bene e cambia effetti e traiettorie. Se Medvedev arretra serve piatto e forte o al centro. Se fa un passo avanti inzia a lavorarti la palla e farla saltare. Ti rimette al tuo posto. Con Medvedev non c’è stato bisogno. Era di default al 90% vicino al fosso a fondo campo.
  • Djokovic usa lo slice di rovescio, come fosse una serie perfetta, e toglie il ritmo quando è a corto di fiato dopo varie palle picchiate piatte; spesso ti spezza il ritmo portandoti in una condizione che il più delle volte risulta letale perché ti porta ad accorciare e ha la calma per chiudere col colpo successivo, spesso in contropiede o comunque ben piazzato.
  • Alcaraz credo si trovi peggio come timing e gestione dei rimbalzi sul lungo rispetto al serbo, che dovrà cercare di non dargli spazio in risposta neanche sulla seconda. Quindi servire piazzato, anche lavorato per evitare aggressioni improvvise.

La chiave di tutta questa storia sarà nel servizio di Djokovic che deve essere molto vario e illegibile per tenere lontano Alcaraz e nella risposta al servizio di Alcaraz. Se riuscirà a stare profondo e farlo con continuità! Questo richiede concentrazione maniacale. Fatica. La palla di Alcaraz viaggia più veloce di quella di Sinner che, genera velocità da quella altrui, e quindi l’intensità sarà alta. Cali di concentrazione possono risultare letali nel perdere un set.

Importante per il serbo iniziare bene come contro Sinner. Anche un set sopra.

Alcaraz gioca bene, ma ha passaggi a vuoto, lo si legge a tratti nello sguardo interrogativo. Anche Djokovic, se pressato può andare corto o sentire pressioni. Alcaraz dovrà, quì, paradossalmente, allentare un po’ la morsa e giocare a specchio del serbo a tratti, ma anche tirare col dritto e mettere pressione con profondità dei colpi. Cioè giocare un po’ percentuale e a tratti anche brutale. Quindi bloccare la risposta al servizio tenendola profonda, giocare dei contro slice e poi tirare a sfondare appena c’è la possibilità. Con Djokovic le discese a rete, gli attacchi improvvisi sul servizio o le smorzate troppo azzardate potrebbero alla lunga risultare poco percentuali. Credo possa essere una partita risolvibile coi colpi di inizio gioco: servizio e risposta al servizio. Queste due cose aprono il campo per non allungare troppo il brodo. Se Alcaraz risponde bene e fa un passo dentro e Djokovic abbassa le percentuali, oltre a non trovare la posizione in risposta(difficile), risulta in salita.

Come tutti i match che hanno un valore storico e generazionale, chi prima uscirà dai blocchi bene senza timore avrà già fatto molto per la partita. L’incognita è meno dalla parte di Djokovic che il suo lo fa abbastanza bene, soprattutto quando arriva in fondo; l’incognita è più spostata sulla furia di Alcaraz e sulla possibile fretta a tratti. La gestione deve essere calma dentro un contesto di 3 ore. Quella di domani è come una teca chiusa, dove sei solo coi tuoi pensieri. E siccome Djokovic è più abituato  a gestire grandi match e a gestire delle questioni particolari dove è risalito dal buio cieco, credo abbia qualche possibilità in più rispetto allo spagnolo. Djokovic è difficile da sfondare, per batterlo devi fargli sentire una pressione costante su un’erba che pare da anni casa sua. E se non riesce a sfondarlo va in overflow ancora una volta, Alcaraz. Lo sfonderà? Possibile, ma difficile.

 

Dico Djokovic in  5 set.

Buona finale.

Piacentini Gianluca.

Postato il 15.7.23 alle ore 16,30

Commento post match: Alcaraz ha vinto con merito un match difficile al quinto. Djokovic ha avuto la possibilità di uccidere il match nel tie – break del secondo dove ha commesso qualche errore di troppo e non ha convertito un set point. Avrebbe chiuso i giochi. E poi uno schiaffo al volo agile, nel quinto set, giocato con poca lucidità, lo avrebbe portato avanti di un break sul 2-0. Avevo scritto che fare il Grande Slam era impresa difficile per molte questioni. Anche una giornata di pressione che girava male. Djokovic si era creato delle aspettative e delle pressioni difficili da gestire. Era al limite. E ha pagato. Ha trovato un giocatore con la leggerezza giusta e la tranquillità, per mettere anche una finale a Wimbledon nella giusta dimensione. Come una delle tante. Se ci mettiamo che dopo il primo set, l’intensità brutale con cui gioca può far venire dei pensieri, si spiegano anche gli errori di Djokovic nel tie-break del secondo set. Che sono provocati anche dall’avversario. Avversario di 16 anni meno. Molti errori col rovescio sono arrivati per ritardi e poca piega sulle gambe. Non è chiaramente il Djokovic di 10 anni fa, anche se lui scheza dicendo che si sente come a 26. Ma appena la partita è andata un po’ in lotta nel secondo, si è visto un Djokovic che faceva fatica e mancava di lucidità anche a livello mentale. Sentiva qualche tipo di pressione. E l’ha sentita per tutto il match da li in avanti. E’ risalito fino al quinto e li poteva chiuderla ancora, ma il dominio creato dall’altro era di incertezza. Una partita giocata con un po’ di tensione da ambo le parti, non bellissima, che dà indicazioni precise. Djokovic un po’ arruginito nella mobilità ha trovato avversario all’altezza che lo fa pensare verso direzioni a cui lui è poco abituato. Quindi meriti ad Alcaraz che può piacere o meno. Non piace a molti, ma uno che mette pressioni a Djokovic in una prima finale a Londra, a 20 anni, è tosto. G.

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