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Wimbledon, quarti parte bassa. Il servizio, la risposta, le opzioni e la pressione.

Qualche osservazione sparsa. Ho visto perdere da favorito Dimitrov contro quello che a inizio torneo davo come quarto favorito: Rune. L’ho visto buttare via il match come un principiante alle prime armi, quando poteva tirare un diretto a Rune e salire 2 set a 0 con agilità. Il tutto nell’indifferenza di un team senza nessuna personalità. Attenzione perché conta questa storia. Non hanno mai fatto una piega in tribuna. Zero. Ho voluto dare fiducia a Dimitrov, guardando allo stato di grazia tecnico nel quale si trovava il giocatore e meno all’aspetto emotivo. Questa volta si doveva fare. Un po’ questa storia certifica la morte dei rovesci di una volta con impugno a una mano. Dimitrov, Tsitsipas e Musetti sono anacronistici e fuori dalla storia. Non vi è più possibilità di tornare indietro. Si deve proseguire nella certezza che la vita è morte, sofferenza e devastazione senza possibilità di ritorno. È vigile attesa della morte neuronale. 😊
Qui vicino al divano, ho una foto di quel Lunedì plumbeo del 2001, quando coach Ivanisevic ha vissuto la sua favola, vincendo a Church Road da semi ritirato. Un ritirato che batte il tempo. E batte tutti sul tempo. L’attuale coach di Djokovic, quello che ha permesso al serbo di vincere parecchi Slam facendo meno fatica. Il servizio. La seconda vita di Djokovic col servizio. I due tie-break con Hurkacz, perfetti. Inverosimili. Ci si chiede come sia possibile non tremare. Alcaraz, avevo scritto prima del match con Berrettini, risponderà e li sta il chiavistello del match. Non è Zverev, sarà altro match. Berrettini al servizio. Alcaraz che lo legge. La partita è qui in pochi punti. La desuetudine ai match importanti si è notata col passare dei minuti. Per nulla il miglior Berrettini a livello di tenuta fisica e timing, ma siamo felici stia bene. Finalmente. Merita. Ma il servizio. La botta a bestia del berretto verde. Berrettini non ha i due colpi a rimbalzo di Djokovic. Non li ha così sicuri. Ha un gran servizio, ma se vediamo lo tira troppo forte e paradossalmente Alcaraz lo legge meglio rispetto a quello meno veloce ma più piazzato e vario di Djokovic, disegnato dal pennello di Ivanisevic. È il disegno di un ex “pazzoide” che, da artista, disegna bene il caos che genera negli altri la lettura di quelle traiettorie. Di più, Berrettini all’uscita dalla mazzata di servizio spesso è sbilanciato e sbaglia il secondo colpo a rimbalzo. Affossa. Ciuf, gonfia la rete. Certo c’è la fretta di dover sfondare. Il serbo con la sicurezza dei due fondamentali lo piazza e col secondo colpo cerca la prospettiva. Il servizio diventa un colpo preparatorio a mettere in difficoltà definitiva Alcaraz o gli altri giocatori che si trova di fronte. Il paradosso della mazzata che si legge meglio rispetto a un servizio quasi mai banale e in penombra. Nella seconda vita di Djokovic, non si doveva buttare via nulla e lui ha scelto un personaggio come Ivanisevic che, con due tocchi di classe ha reso Djokovic – un giocatore di 36 anni – vincente sul filo, con uno come Hurkacz; Hubi risulta alla vista degli sprovveduti videoamatori, ingiocabile. Per più di 1 ora e mezza sembra lui quello che dirige la giostra. Ci sono momenti in cui sei impotente e non puoi che aspettare la fine della tempesta. Incassi in silenzio per tutto il set un 90% di prime e ti rifugi nel tie-break; la mattanza continua, ma attendi che di là si insinui il dubbio di interrompere un percorso storico o di non essere all’altezza o ancora di disturbare il manovratore o chissà cosa. E allora ti ritiri e sballi una palla che alla S.a.t. va via agile. È come se Djokovic sapesse già che 8 volte su 10 finisce in quella maniera paradossale. Col “cagotto”. C’è tutta una statistica fuori da quelle scritte sui manuali. È trascendenza. Ma noi non lo vediamo. Rublev è un bravo ragazzo con la faccia pulita, troppo pulita per far male al diavolo. Voleranno improperi e sibileranno bestemmioni oggi, contro quel diavolo che ti veste su misura senza che tu riconosca le cuciture ben nascoste nelle pieghe del velluto morbido. Rublev tenterà di ‘squartarsi’ il vestito di dosso, tanto ben cucito da risultare una camicia di forza. Il serbo attende il vincente di Sinner vs Safiullin. Dopo una prima parte di match in salita giocato con apprensione, Sinner dovrebbe sedersi accanto al diavolo. Ma non lo sappiamo con certezza, perché siamo destinati a soffrire. E poi nel borsone di Gucci ci sono parecchie opzioni a scadenza non esercitabili con sottostante l’illusione. Tradotto: ‘non si è concluso ancora una mazza ma ci sono scadenze’. La pressione va alle stelle. Devi vincere per conto terzi. Se qualche ragazzotto mette su il cappellino da pescatore qualcuno potrebbe dirgli che ora non è più il bamboccio senza una storia da raccontare, ma un pescatore fatto e finito, come quelli del nido dell’uccellino.

 

A presto.

Piacentini Gianluca.

Postato 11.7.23 alle ore 11,30

 

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